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10 Ago

L'UMILTA' - Scheda 6

Testo di riferimento: Siracide 3, 17-24

“Figlio, in mansuetudine il lavoro tu realizza”. La parola che viene tradotta con lavoro è ergon, un temine greco che identifica ogni attività dell’uomo e non solo uno specifico mestiere. Ergon  comprende tutte le azioni che un uomo compie, le sue opere, quello che fa, progetta e realizza.

 Nell’etimologia della parola troviamo l’azione di tessere, di mettere insieme intrecciando, connettendo. Ergon è l’attività, il fare che porta a mettere insieme capacità e abilità, concretizzando con azioni e comportamenti ciò che si sente e desidera. Ogni uomo compie delle opere, è impegnato in qualcosa nel suo tempo. Il versetto si cura di dirci non tanto cosa fare ma come farlo e indica la mansuetudine come modalità con cui realizzare il lavoro, le opere, le nostre azioni.

La mansuetudine, praotes in greco, è un modo di essere, lo vive chi nel proprio cuore rinuncia alla polemica, alla contesa e alla violenza. La mansuetudine usa la forza necessaria per agire senza mai sfociare nell’aggressività, è l’equilibrio di forza e gentilezza e potrebbe essere tradotta con “forza nella dolcezza”. La mansuetudine non è interessata a prevalere sugli altri, non si cura di cambiarli né pretende qualcosa  da loro, allo stesso tempo però non compromette il suo operare, non è mai lenta o indecisa nell’agire, realizza i suoi propositi lavorando in una pace silenziosa ed efficace senza fermarsi, senza perder tempo in parole di giudizio, senza regalare energia al litigio.

Compiere le proprie azioni immersi nella mansuetudine rende l’uomo dolce ma deciso, facilmente amabile, gradito al popolo ma anche fermo e autorevole. Il mite non perde mai il controllo di sé, non cede alla rabbia ma allo stesso tempo non smette di lottare per ciò in cui crede, non si sottomette, persevera e non esce dalla sua giustizia.

“Tanto grande sei, tanto fatti umile”. In questo versetto  troviamo un altro termine, molto vicino alla mansuetudine: l’umiltà. L’umile, tapinos in greco, è chi sta in basso, chi non sale lontano dalla terra. Nell’etimologia del termine troviamo l’assiro tabau andare giù, che richiama l’azione del livellare un terreno e renderlo piano, senza alture. L’umile è chi non ha livello, non perché è all’ultimo posto, ma perché non entra nel meccanismo degli onori e  innalzamenti umani, proteso continuamente a determinare chi è migliore e peggiore.

L’umile è colui che non si esalta né si condanna, non cresce in superbia e arroganza, non sprofonda nel senso di colpa, resta a contatto con la terra e con la realtà delle cose. L’umile non si cura di prevalere su qualcuno, non ha bisogno di titoli e gradi che lo alzino sugli altri. “Tanto grande sei tanto fatti umile” dice il testo. Quando l’uomo pensa alla grandezza e alla potenza è sempre tentato da opere di proporzioni vaste e imponenti, quasi globali. Era grande la torre di Babele, come erano grandi gli eserciti di ogni impero che ha dominato sulla terra. Nella grandezza umana però si rischia sempre di perdere la visione della realtà, influenzati e sedotti dal prestigio e dal potere.

Tutti gli imperi dell’uomo crescono, diventano grandi, immensi e all’apice della loro magnificenza decadono. Non è così nelle vie del Signore. “Tanto grande sei, tanto fatti umile” è una curva direttamente proporzionale; se davvero cerchi la grandezza e la realizzazione, allora non staccarti dalla terra, non esaltarti, non diventare superbo, agisci in mansuetudine e mantieni la mente umile.

“E alla presenza del Signore troverai grazia” le tue opere riusciranno, quello che farai funzionerà e diventerai sapiente perché in mansuetudine e umiltà il tuo cuore sarà guidato verso scelte di vita, crescita e gioia, così troverai grazia e abbondanza davanti al Signore e nella tua vita.

 

Dentro al testo traduzioni e curiosità

Siracide  3,21-22

Difficile per te non cercare e potente per te non esaminare. Ciò che ti è stato assegnato, questo abbi in mente perché tu non hai bisogno del segreto. Il testo dice di non cercare le cose gravose, quelle difficili che non scorrono e sono pesanti, dice di avere in mente solo ciò che ci è stato assegnato, ciò che possiamo vedere e capire. Orientare la mente alla ricerca del mistero e di ciò che è nascosto porta a ragionare in modo sospettoso, si tende a cercare complotti e inganni anche dove non ci sono e ci si allontana dalla semplicità della Verità. L’uomo spesso vede il mistero come qualcosa di desiderabile per acquistare saggezza. Il testo definendo il segreto semplicemente non necessario, ridimensiona quest’aspetto della vita che esiste, ma non è fondamentale, e di cui l’uomo non ha bisogno.

P. Bisatti - d. Andrea