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21 Dic

Natale 2015

Nasce sempre un'anima che vuole comprendere, che vuole superare l’ignoranza e accogliere il mistero d’amore del Natale. C’è infatti il rischio di ridurlo solo a un tempo di vacanza, o l’occasione per fare dei regali. Il Natale è tempo di luci, di presepi, di solidarietà, di pace, ma prima di tutto è Dio che si fa uomo, in un bambino che nasce, dal nome: “Gesù”.

Quante polemiche oggi su questi argomenti, orientate a rinnegare la nostra fede, le nostre radici cristiane. Siamo polemici con la storia, con la chiesa, con chi vuole ricordare che senza il Signore la vita è solo tenebra e disperazione. Gesù che nasce è la stella del mattino, è Luce per i cuori confusi e abbandonati. Ciò che lui è, ciò che lui ci rivela di sé e del Padre, è via di salvezza. Serve coraggio e umiltà per accogliere il suo messaggio, per questa umanità ammalata, avvelenata dal pensiero del mondo, dominante e disumanizzante.

La festa del Natale può diventare motivo di scontro, con la scusa del rispetto e dell’ integrazione. Da una piccola indagine, è bene ricordare che il 25 dicembre, è sì una festività cattolica, ma è riconosciuta dallo Stato anche agli effetti civili sin dal tempo dell’unità d’Italia (decreto 17 ottobre 1860, n.5342). In quel tempo il Regno d’Italia era fatto di politici che erano in guerra molto dura con la Chiesa. Quella legge però, riconosceva la festa del Natale, la nascita dell’Uomo-Dio, come festa dello stato laico risorgimentale.

Dopo il Regno d’Italia arriva la Repubblica e il Natale viene riconosciuto come festa: in base alla legge della Repubblica 27 maggio 1949 n. 260, il 25 dicembre è “giorno festivo con l’osservanza del completo orario festivo del divieto di compiere determinati atti giuridici”. Cioè lo Stato laico riconosce la festività cattolica del Natale come sua festa civile. Esattamente come istituì la festa nazionale della Repubblica il 2 giugno o il 25 aprile come festa della Liberazione e il 1° Maggio come festa dei lavoratori.

E’ ovvio che una scuola che fa fare vacanza ai ragazzi per il 1° Maggio o per il 25 aprile, debba spiegare loro perché fanno vacanza e cosa si celebra. Così come è ovvio che, dando quindici giorni di festa ai ragazzi, per il Natale, si spieghi chi e che cosa si festeggia: non “l’inverno” o altro, ma la nascita di Gesù. Tanto più dovrà essere spiegato agli studenti immigrati e di altre religioni: proprio a scuola questi giovani possono imparare un atto fondamentale della nostra cultura.

“La realtà è che i campanili sono crollati … la parrocchia non è più un riferimento per tante persone. Siamo alla fine del cristianesimo sociologico, quello ricevuto per eredità e praticato per dovere. E’ terminata, salvo eccezioni, la trasmissione della fede per osmosi, nella famiglia, nella scuola e nella società. La cultura attuale non trasmette più la fede, ma la libertà religiosa; in questa situazione, più che nutrire la fede c’è bisogno di farla nascere non solo nei bambini, ma in tanti giovani e adulti”.

Natale è nascita. Oggi senza la consapevolezza dei cambiamenti in atto corriamo il rischio di isolarci, di privarci di quelle relazioni feconde e di quei valori che sono l’eredità preziosa da custodire, per far germinare nei cuori la speranza e la gioia. Stolto quell’uomo, e quella Nazione, che rifiuta il Signore, sarà sterile e visitata dall’ombra della morte, con cuori induriti e menti superbe.

Il Natale cara anima che cerchi, è semplice se ti disponi con cuore umile. Non ci sono parole, discussioni, ma la gioia di un incontro: Cristo è Luce d’amore, salvezza del tuo cuore.

d. Andrea

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