A queste domande la logica degli uomini e del mondo risponde senza esitazioni: “meglio il divorzio!” E se tante coppie si sono separate dopo anni di matrimonio, non è preferibile la convivenza? ... altri, dicono: “se le cose non vanno, meglio lasciarsi senza tanti problemi”.
Sono diventato adulto e oggi mi viene chiesto di dare risposte. Anche Gesù fu interpellato dai farisei sul matrimonio e sulla liceità del divorzio, un argomento evidentemente anche allora sentito e controverso. In verità i farisei non cercavano una vera risposta, ma volevano solo metterlo in difficoltà; quale argomento più adatto per mettersi contro un mare di gente oppure di essere accusato di populismo?
Quello che va chiarito è che il grande tema non è il matrimonio ma la solitudine! Nell’atto creativo l’uomo, non inteso come maschio, non ha nessuno con cui entrare in relazione. La Genesi parla di una rassegna di viventi (animali) da cui cercare aiuto, ma questo non basta. Non serve solo chi aiuti questo “adam”, perché la sua solitudine si interrompa. La soluzione è diventare due, la soluzione è la relazione. Ma la relazione non si esaurisce nella seduzione o nel confronto, ma si realizza nell’unità. Ecco la grande risposta! Un unità che gradualmente deve essere desiderata e maturata insieme nella coppia, non giudicando le diversità ma accogliendola come ricchezza.
Gesù conosce la storia degli uomini che deformi si uniscono ad altre creature per colmare il vuoto della solitudine, senza curare la qualità o il fine della relazione. Procediamo senza progetto, senza maturità, senza visione, giustificando ogni nostra scelta per nascondere o rifiutare che lo scopo della relazione non si esaurisce nel distinguersi tra uomo e donna, ma è quello di ricostruire l’unità del genere umano. Gesù corregge chi in modo arbitrario vuole proteggere ed esaltare la propria autonomia o cuore duro, togliendo sapore e direzione all’amore. L’indissolubilità è una esigenza dell’amore, non è un precetto. Non basterà mai una legge per regolamentare una relazione. E’ necessario accettare che il nostro cuore ha nostalgia di qualcuno, che gli sia simile. “Kenegdo”, tradotto dall’ebraico con “simile”, in realtà significa: “come contro di lui”. La donna è stata posta all’uomo di fronte all’uomo, non per essere dominata, ma per instaurare con lui un rapporto di dialogo profondo, che comporta inevitabilmente tensioni, perché l’obbiettivo è la progressiva umanizzazione di ambedue. Donna e uomo divengono in questa prospettiva, “aiuto” l’uno per l’altro. Senza nostalgia di un amore a cui tendere, da costruire e maturare nel tempo, senza il desiderio di unità e di comunione, ogni differenza diventa motivo di divisione. Servono sempre nuove domande ma anche l’umiltà di cercare e accettare le risposte che il Signore offre al nostro cuore.
d. Andrea