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08 Feb

SPIAZZATI O TRASFORMATI

V domenica T.O. anno B - 2015

Ogni giorno siamo informati di sofferenze e disgrazie altrui. Leggiamo e ascoltiamo ipnotizzati che il male esiste, che è senza scrupoli e senza limiti. E’ inevitabile per credenti e non credenti porsi la domanda: ma Dio dov’è? Perché l’uomo è destinato a soffrire? Rischiamo di masticare amaro e di restare spiazzati.

Ciascuno di noi desidera il successo per la sua vita, ma è inevitabile fare esperienza della malattia e della sofferenza. Il problema del dolore non può essere solo visto e affrontato con angoscia, richiede una risposta, una reazione.

Nella bibbia, la storia di Giobbe (cfr. libro di Giobbe – Antico Testamento), ci dà un primo aiuto. Un uomo che perde improvvisamente tutto, viene spinto a maledire tutti e Dio stesso: “Come lo schiavo sospira all’ombra… così a me sono toccati mesi di illusione e notti di dolore… i miei giorni sono finiti senza speranza” (Gb 7,2.3.7). Giobbe però non è rassegnato, non soffre in silenzio, sfoga il suo dolore davanti al Signore. Ecco allora la prima indicazione: preghiera, grido e pianto. “Ascolta o Signore la mia preghiera, porgi l’orecchio al mio grido, non essere sordo alle mie lacrime” (Sal 39,13). Di fronte al male non viene chiesta la rassegnazione, l’uomo può e deve gridare allo scandalo, ha diritto di dire a Dio che non capisce perché lo ha collocato nel dolore e nella morte.

Una seconda indicazione quando qualcuno parla di “pedagogia di Dio”: nel dolore l’uomo si umanizza! Ma sembra “sadismo teologico” e personalmente chi ha detto che il dolore umanizza! Guerre e stermini non sempre hanno insegnato o sensibilizzato. Altri parlano della dottrina della retribuzione: “chi coltiva iniquità, affanni raccoglie” (Gb 4,7-8). Ma la vita smentisce l’ingenuità di questa posizione della fede giudaica evidenziandone l’insolenza nei confronti di chi soffre. Una precisazione sicuramente va fatta: dei campi di concentramento e della violenza non possiamo colpevolizzare Dio.

Il male non è invincibile. Nei vangeli si racconta l’azione di Dio per i suoi figli. Gesù taumaturgo, Gesù che si confronta con il male. Gesù non cerca e non dà spiegazioni teologiche, non si chiede perché nel mondo esistono disgrazie, malattie e dolori. Di fronte ai drammi del mondo è inutile incolpare Dio o gli uomini, l’unica cosa da fare è mettersi al fianco di chi soffre e lottare con tutte le forze contro il male. Gesù è raccontato per il suo intervento liberatore a favore dell’uomo.

Nella giornata chiamata di “Cafarnao”, entra in casa di Pietro e avvicina alla suocera ammalata, ristabilisce un contatto, la risolleva. Il verbo greco usato è egéiro, che viene usato per indicare risurrezione, il risollevarsi dalla morte. La prende per mano e lei guarita si mette a servire. Ecco il segno, la terza indicazione, l’antiossidante, il farmaco: mantenersi in piedi, motivati a disposizione della vita, dei fratelli, della comunità, qualunque sia la responsabilità che la vita ti affida.

E’ facile da dire forse più difficile da attuare ma la vita richiede una rinnovata capacità di adattamento, una osmosi spirituale tra i nostri desideri e ciò che incontriamo, un equilibrio instabile che lascia spazio sempre al desiderio di rinnovamento. La prova e la sofferenza fanno parte delle esperienze dell’uomo ma per il credente sono anche via per crescere, per comprendere. Il Signore se invocato insegna a trasformare questo tempo in una opportunità per costruire e conoscere l’amore.

d. Andrea

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