Correggere un compito non è un’opinione, quando lo si fa, si presume di avere un riferimento, dei criteri di valutazione. Vale anche per le relazioni umane. Possiamo scegliere di avere dei valori condivisi, una cultura che ci insegna abitudini e tradizioni utili per correggere atteggiamenti o parole altrui. Gesù parlava di verità più che di tradizioni e valori. A volte la verità siamo convinti di averla per l’esperienza acquisita o per l’età, e questo ci autorizza a valutare gli altri. Il pericolo è credere di essere noi la misura della verità. Si diventa così arroganti e spesso si invecchia soli e insoddisfatti.
Abbiamo sperimentato tutti, come la vita nella sua infinita complessità e pazienza, ci consegni un tempo e uno spazio per maturare, crescere e diventare adulti. I segni rossi durante il cammino sono le persone che incontriamo, che con pazienza e amore, hanno il compito di contribuire a formare la nostra coscienza e permetterci di invecchiare con sapienza.
In realtà correggere e lasciarci correggere non è mai facile. C’è sempre l’incognita della risposta, della reazione emotiva dell’altra persona. Tutti siamo chiamati a questo processo educativo, perché tutti gli uomini sono interdipendenti tra di loro. Una responsabilità collettiva che non termina mai e dura tutta la vita. Ma poiché la responsabilità costa fatica, anche in questi processi spirituali abbiamo escogitato altre soluzioni, all’apparenza simili ma profondamente diverse. Abbiamo insegnato e diffuso il giudizio e la condanna, la mormorazione e l’aggressività, difronte alle lacune e alle debolezze delle persone che incontriamo. Ci sembra, che dipingere di rosso con polemiche velenose ciò che non condividiamo, sia la cosa migliore e più efficace per correggere. Dietro le quinte delle tastiere o nell’ombra delle insoddisfazioni, delle ferite mai guarite, condanniamo tutto e tutti per alleviare quel dolore raccolto dal colore rosso del mondo.
La verità per Gesù va cercata e raggiunta con gradualità, non attraverso l’uso spregiudicato dei social, ma grazie ad una correzione fraterna che desidera incontrare la persona. Ascoltare e accogliere quanto le parti vivono. Un raccontarsi umile e paziente, per offrire misericordia prima di tutto.
“Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano […]. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro»” (Mt 18,15-20).
Il rancore non risolto ha un potere distruttivo. Questa generazione sta portando sempre più all’estremo l’uso della violenza come soluzione ai conflitti, perché incapace di accogliere ogni forma di correzione. Ci piace sempre più guadagnare il mondo che il fratello, il consenso e non la verità. Il cristiano che accoglie Gesù, scopre la sua misericordia, il rosso e il blu (sangue e acqua) usciti dal suo costato per aiutarci a ritrovare consapevolezza: “Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: «Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio», mentre nel tuo occhio c'è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello” (Mt 7,3-5).
d. Andrea