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24 Apr

9° - III^ Domenica Pasqua - anno A  2023

               Il rischio è parte della vita. Quello che dispiace a volte, è che si rischia di prendere delle cantonate, in altre parole più semplici, di prendere “Fischi” per “Fiaschi”! E’ inevitabile lungo il cammino di ogni giorno, incontrare persone e le loro storie, la loro cultura, i loro sogni e le loro aspettative, insieme a delusioni e dolori. In ogni incontro, c’è sempre la possibilità di arricchirsi, perché la comunione nella condivisione consegna sempre esperienze e risorse. Ma non dimentichiamo il rischio di contagiarsi nell’amarezza, nei malintesi, quel camminare che si fa pesante, che porta una tristezza cronica priva di speranza, che nel tempo diventa solo mormorazione, prima di precipitare nella patologia. Cosa fare? Come porsi per evitare rischi inutili?

Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute” (Lc 24,13-21).

Due uomini incontrati in una mulattiera, diretti verso un piccolo paese, parlano! Rischiano di non leggere bene la storia degli eventi vissuti poche ore prima a Gerusalemme. Un parlare che pretende già conclusioni rischiose, quando l’argomento è di vitale importanza: qualcuno ha vinto la morte sì o no? Credere è rischioso, quando ciò che si è accolto è diventato un pubblico fallimento?

Evangelizzare oggi richiede metodo, strategia e sapienza. Non è raccogliere buone risposte da consegnare a chi si incontra lungo il cammino. Si rischia di ridurre l’esperienza della nostra fede a una semplice dottrina, per quanto preziosa sia. Gesù prima di tutto affianca e incontra, cammina con loro per offrire la cosa più preziosa: “l’ascolto”. “Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?”. Non è preoccupato di rimproverare. Lascia parlare e ascolta la loro narrazione dei fatti. “Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Evangelizzare è mettersi al passo dell’altro e suscitare nuove domande per non dare risposte preconfezionate e mal digerite.

Noi speravamo!” Ecco il rischio che nel tempo nessuno vuole più prendersi. Una generazione che rimanda e rifiuta le vere decisioni. Preferiamo camminare spenti e tristi, che rischiare di credere nel Cristo Risorto. Con fatica approfondiamo quanto creduto inizialmente rifiutando la novità della Pasqua. C’è bisogno di camminare con lui, il Vivente, per comprendere le “Scritture”, per farsi scaldare il cuore e ritornare sui nostri passi con un nuovo slancio. “Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme” (Lc 24,33). Il rischio c’è, senza di esso non c’è vita. Nell’indecisione e nella tristezza c’è sempre un lento morire.

 d. Andrea

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