Ne ho scritti duecentosessant’otto di queste pagine, un numero che se sommato mi riporta alla mia storia di fede: due, più sei, più otto, fa sedici, e uno più sei fa sette. Il sette è costituito dal quattro più tre, quei numeri tanti cari alla storia della salvezza perché ci ricordano il: “come in cielo così in terra”. Il quattro degli elementi, le quattro direzioni cardinali, indica la terra, l’umano che incontra il divino nel cielo della Trinità, il tre. E’ l’Amore che si rivela e si consegna, per ristabilire l’armonia e la pace tra l’uomo e Dio. “Abita la terra e vivi con fede”, dice infatti il Salmo 37.
Come comunità cristiana siamo stati plasmati da quella “Parola” che salva e istruisce sulla via dell’amore, alla Pasqua redentrice di Cristo. Quella strada che consegna la gioia della compassione verso il prossimo, della verità e della pazienza nella diversità dei carismi, per custodire la comunione. La Parola celebrata è stata il centro del nostro lavorare insieme. Lontana da essa ci siamo sempre impoveriti e indeboliti. Abbiamo saputo pregare e adorare davanti alla bocca del Signore, con il desiderio di ascoltare il cuore e la coscienza, per accogliere la presenza viva di Dio in noi.
Ecco allora lasciarci ancora oggi orientare da questa parola d’amore. E’ il testo che San Paolo scrive alla comunità degli Efesini. Avrei voluto scriverla io per congedarmi da voi e dirvi grazie. Non solo, per lodare ancora insieme il Signore, ma soprattutto per consegnarvi per i prossimi tempi la cura e la custodia del tesoro che ci è stato consegnato: “Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati nell'uomo interiore mediante il suo Spirito.
Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità, e di conoscere l'amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.
A colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che opera in noi, a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen (Ef 3,14-21).
Confido nella vostra misericordia per ciò che non ho saputo donare, ascoltare e realizzare. Il mio carattere non sempre è riuscito a riconoscere la sofferenza di alcuni e accogliere le sensibilità diverse nelle scelte pastorali. Un ministero, quello del sacerdote, sempre carico di attese e per questo sempre soggetto a errori e a delusioni. Ho cercato di fare del mio meglio in una chiesa che vive sempre il suo travaglio, alla ricerca di compiere quella volontà che va invocata e accolta anche nei giorni più incerti.
Ho il cuore sereno, e soprattutto grato. Con queste poche righe spero di raggiungere tutte quelle persone che non avrò modo di incontrare in questi ultimi giorni, in particolare gli anziani e gli ammalati, chi vive riservato, chi critico verso la chiesa. Abbiamo attraversato giorni difficili ma ricchi di iniziative e di verità. Ogni incomprensione e critica sia trasformata in amore, quello gratuito, che sa andare oltre, accogliere nuovamente l’altro, e insieme elevare lo sguardo verso l’alto, in una preghiera e una lode corale. “Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori. Amen”.
d. Andrea