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08 Mag

VI^ di Pasqua – anno B – 2021

Guardi fuori, e se ci sono le condizioni per il viaggio, parti. Guardi dentro, e se hai forti motivazioni accompagnate da buone indicazioni, spesso arrivi. Non sempre dove pensavi!

I tempi e i modi per restare fedeli ai progetti della nostra mente e ai compiti del nostro cuore, sono per tutti noi diversi nel cammino della vita. A volte raggiungiamo la meta per strade non previste, sempre se accettiamo quei diversi modi con cui la vita ci chiede di cambiare pensieri. Imparare ad adattarci alle circostanze per accogliere quel presente che è sempre più potente di tante prigioni della nostra mente, ci libera da tanti conflitti.

“Il giorno seguente partì con loro e alcuni fratelli di Giaffa lo accompagnarono. Il giorno dopo arrivò a Cesarèa. Cornelio stava ad aspettarli con i parenti e gli amici intimi che aveva invitato. Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio gli andò incontro e si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Àlzati: anche io sono un uomo!». Poi, continuando a conversare con lui, entrò, trovò riunite molte persone e disse loro: «Voi sapete che a un Giudeo non è lecito aver contatti o recarsi da stranieri; ma Dio mi ha mostrato che non si deve chiamare profano o impuro nessun uomo” (At 10,23-28).

Pietro era un tradizionalista, orgoglioso della propria elezione. Aveva sempre evitato il contatto con gli stranieri, per non essere indotto all’idolatria (cfr. Dt,7,6; 26,19). Aveva difeso la propria identità religiosa, aveva osservato con scrupolo i divieti e le prescrizioni che i rabbini gli avevano insegnato, ma trascorsi alcuni anni dalla Pentecoste, gli eventi cominciarono a far vacillare le sue certezze.

E’ evidente che il pianeta terra è abitato da popoli e culture diverse, ma questa diversità e complessità, può diventare un impedimento nel cammino dell’uomo, un pericolo per la vita stessa? Cosa ha dovuto correggere Pietro fin dall’inizio del suo cammino di fede, di pastore e di guida della Chiesa che gli era stata affidata?

Pietro non sapeva cosa fare, brancolava nel buio. Decidere è sempre recidere e, nel suo caso voleva dire recidere con il passato, la sua mentalità, la sua cultura, la sua religiosità oppure recidere con l’irrompente novità dello Spirito Santo che lo mandava da una famiglia pagana che lo aspettava in preghiera. Sembrava un piccolo viaggio, pochi passi da compiere, ma in verità significava una svolta epocale e radicale nella mente e nel cuore di Pietro prima, e più tardi per tutta la Chiesa.

Pietro accetta l’incontro, con una storia e una cultura diversa dalla sua. Restituisce a Cornelio - un centurione - la dignità consegnata ad ogni uomo: «Àlzati: anche io sono un uomo!». Nel viaggio non dobbiamo adorare nessun uomo, ma preoccuparci di amarlo nell’accoglierlo nella nostra casa e nel nostro cuore. Ma quanta fatica! Il diverso è proprio diverso da noi, nei suoi atteggiamenti, pensieri e abitudini.  La preghiera condivisa però aveva preparato l’incontro: «Voi sapete che a un Giudeo non è lecito aver contatti o recarsi da stranieri; ma Dio mi ha mostrato che non si deve chiamare profano o impuro nessun uomo». Solo l’umiltà di Pietro e la grazia del Signore consegna ai presenti il coraggio di questo cambiamento. Questa affermazione dell’apostolo ci trova d’accordo come cristiani, ma sull’omissione di questo punto, quanti regimi totalitari si sono sentiti e si sentono autorizzati, ad uccidere o a discriminare molti uomini.

Oggi, se vuoi crearti facilmente dei nemici, basta prendere posizioni politiche e ideologiche verso quei mondi che rivendicano diritti, annullando la diversità o esasperandola come un idolo. E’ qui la confusione tra il progetto di Dio e le proposte del male.

Dio difende la diversità per unire i cuori e immergerli nell’azione dello Spirito Santo perché ci sia un bene condiviso – Battesimo e Pentecoste che diventano ritorno a Dio - mentre il mondo, esalta la diversità per separare l’uomo da Dio per precipitarlo nel regno dei sensi, delle passioni, del nichilismo. Tutto deve essere lecito, per proclamare la libertà del diverso che non è altro che il rifiuto del progetto di Dio fin dalla creazione. Ci si fa Dio, simili a lui annullando la diversità tra il Creatore e le creature, superando quei limiti che regolano la nostra felicità (Gen 3).

“Pietro allora prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d'Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti” (At 10,34-36).

Ecco, Dio non fa preferenza di persone se queste praticano la giustizia e lo temono. Non è paura, ma fedeltà, che diventa risposta concreta per quegli uomini che accolgono la Verità, che Cristo con la Pasqua ha consegnato all’uomo peccatore. Questo tempo ci offre l’occasione di ammettere le nostre ingiustizie, quelle che ci hanno separato da Dio e dall’uomo, precipitando le anime nell’abisso della solitudine e della superbia, sempre più violenta, sorda e cieca.

Si colpisce a morte il diverso – come Gesù – si colpiscono quelle voci che vogliono custodire l’amore e l’obbedienza alla parola di Dio, ai suoi comandamenti, per rimanere in Lui e portare frutti abbondanti. La mancanza di pace nei nostri cuori, è il segnale che Cristo non abita in noi, non lo conosciamo e lo escludiamo per il suo amore così diverso dal nostro. “Dio accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga” per consegnarli  l’esperienza della redenzione e della gioia piena.

d. Andrea

 

 

 

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