Dobbiamo passare dalla Fides Que (i contenuti della nostra fede) alla Fides Quae (come vivo la mia fede). Questo tempo di preparazione alla Pasqua e il nuovo cammino di Iniziazione Cristiana (IC), ci ha offerto la possibilità di incontrare genitori e i ragazzi, perché la nostra fede diventi oggettiva, e non più solo soggettiva (vengo se mi sento). Un’esperienza non più appoggiata su qualche informazione religiosa, ma su contenuti oggettivi che riescono a incidere sul nostro stile di vita, per testimoniare il nostro “credo” come un avvenimento, come lo è il sole che sorge ogni giorno. Possiamo negare e rifiutare la luce del sole, ma lui non smette di sorgere e splendere. E’la Pasqua di Cristo che vince le tenebre, anche se il mondo preferisce le tenebre alla luce. La liturgia allora prende vita, non più rito esteriore e formale, ma incontro vivo con il Risorto.
Lavorare insieme educatori e genitori, per comprendere che la famiglia rimane il primo luogo dove vivere l’esperienza della fede. Indebolire e dividere la famiglia, vuol dire vivere tempi bui e di sofferenza. Serve lavorare insieme, ma bisogna scegliere come lavorare insieme, con quale riferimento. Il cristianesimo è sottoposto ad un attacco violento nella sua vera identità, dentro una società che tenta di omologare tutto. Siamo chiamati a esprimere in modo originale il confronto con il mondo, sempre più pagano, che esalta e giustifica ogni vizio e peccato, e rifiuta la verità che Cristo porta nella nostra vita.
Dalla coscienza della propria identità, dalla adesione non formale a Cristo e alla sua parola, nasce un tempo per superare ogni forma di schiavitù. La chiesa non si consegna a nessun benessere. L’unico suo problema è proclamare Gesù Cristo, Via, Verità e Vita. Come Cristiani siamo sfidati in quello che siamo e vogliamo essere, più che su quello che possiamo fare.
Se rinunciamo alla nostra identità cristiana, rinunciamo ad essere utili a Dio, a noi stessi, agli altri e alla storia. S. Paolo afferma: “Non conformatevi alla mentalità di questo mondo”, di questo tempo. Il cristianesimo non è una serie di iniziative caritatevoli sociali. Il cristianesimo è annunciare Cristo e trarre da questo annuncio tutte le conseguenze. Abbiamo bisogno di Cristo per essere liberati dalla schiavitù del peccato. Quel mondo che rivendica la libertà senza accogliere la luce della Pasqua, rimane schiavo e cieco del proprio peccato.
Nella Pasqua si rivela la misericordia di Dio, ma non dobbiamo omettere che la misericordia prevede la conversione, un taglio con il passato, con le nostre illusioni. Una vita che va ricostruita con un piano regolatore oggettivo, che superi quella corruzione dei cuori che non hanno una visione ampia, ma solo l’interesse immediato ed egoistico.
La conversione a Cristo, alla vita cristiana, ci impone di annunciarlo, di viverlo. Ma se mettiamo le conseguenze prima delle premesse, perdiamo la bellezza di pensare e vivere secondo la fede. La mentalità soggettivistica afferma: io sono tutto e affermo la mia sovranità! L’identità religiosa cristiana invece cerca di entrare nella complessità per trovare il senso ultimo della vita. “Non ho altra novità da annunciare al mondo se non Gesù Cristo morto e risorto per la nostra salvezza”. Accogliere e comprendere questo mistero, è l’inizio della felicità.
Buona Pasqua d. Andrea