Gesù porta i suoi apostoli sul monte vicino a Cafarnao (Galilea), per annunciare un cambiamento, una nuova gioia, quando proclama le beatitudini (Mt 5,1-12). Ma subito dopo, parla loro usando due metafore: “siete sale … e luce del mondo”. La Metafora parte da ciò che si conosce e lo usa per dare significato a ciò che ancora non si conosce. Gesù usa questo metodo educativo e narrativo, perché soltanto in questo modo l’immaginazione può alimentare la comprensione. E’ lungo questo sentiero che l’intelligenza umana ha progredito.
Tutti conosciamo il sale, la luce. Ma nelle mani di Dio ogni elemento non è mai fine a se stesso, ma rimanda ad altro, all’origine, al fine, al compito. I rabbini d’Israele erano soliti ripetere: la Torah – la legge santa data da Dio al suo popolo – è come il sale, e il mondo non può stare senza sale. Facendo propria questa immagine e applicandola ai discepoli, Gesù sa di usare un’espressione che può suonare provocatoria. Non smentisce la convinzione del suo popolo che ritiene le sacre Scritture “sale della terra”, ma afferma che anche i suoi discepoli lo sono, se assimilano la sua parola e si lasciano guidare dalla sapienza delle sue beatitudini.
Sappiamo che le funzioni del sale sono molte, come per esempio dare sapore ai cibi, conservare gli alimenti, ecc..; ma Gesù nell’utilizzare la metafora del sale, ci avvisa di un pericolo: “perdere sapore”. C’è sempre il rischio nascosto di perdere il sapore per la vita, di non apprezzare il compito affidato, mescolandosi a tutto e perdendo l’identità. E’ il pericolo per l’apostolo che vuole adattarsi al sapore del mondo escludendo lentamente Gesù dalla sua vita, e nel tempo questo Sale, “a null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente”. Oggi probabilmente abbiamo svuotato le chiese, perso valori, rinnegato la nostra identità cristiana, perché abbiamo comunità e guide, mescolate con mentalità e stili di vita che tolgono la purezza al vangelo. Ci siamo abituati e rassegnati a vivere senza gusto, a insegnare, a lavorare ad amare senza sapore.
“Siete Luce del mondo”. Non è l’invito a farsi notare a mettersi in mostra. Un simile atteggiamento contraddirebbe la raccomandazione a non praticare le buone opere davanti agli uomini, per essere notati (Mt 6,12). Siate Luce è ricordare la Pasqua di Cristo che fa splendere la Luce della Risurrezione dopo le tenebre della morte e della violenza. Colui che crede, splende non di luce propria ma della Grazia salvifica che Gesù opera in Lui perché si lascia abitare, come la fiamma cerca la lanterna.
Gesù dichiara che la missione affidata da Dio a Israele, è destinata a continuare attraverso i discepoli, a chi gli rimane fedele e non si nasconde sotto il “moggio”. Una chiesa che splende in un mondo che spegne continuamente speranza e verità nel cuore degli uomini, mantenendoli costantemente ciechi, aggressivi, perché incapaci di “opere buone e rendere gloria al Padre nostro che è nei cieli”.
d. Andrea