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27 Ott

CERCAVA DI VEDERE

XXXI domenica T.O. anno C - 2016

Quando il vangelo di Luca parla di “vedere”, vuole spesso allargare i nostri orizzonti, vuole portarci più in alto per osservare la realtà in una prospettiva più ampia. “E voltosi, il Signore guardò dentro Pietro, e si ricordò della parola del Signore” (Lc 22,61a). Il Signore cerca, ma mai in modo banale, cerca di vedere dentro, quell’attività tanto difficile per noi uomini. Infatti non è Pietro che si volge a Gesù, ma Gesù che si volge a Pietro. “Guardare dentro” in Luca è detto solo di Gesù. Il suo sguardo è penetrante, diverso da quello degli altri uomini, gli rivela attesa e amore compassionevole. Solo davanti a tale sguardo l’uomo diventa libero, può terminare ogni fuga e nascondimento. Pietro si trova nudo davanti a Dio, nella responsabilità di accettare o meno il suo amore gratuito e senza condizioni.

Con lo sguardo siamo capaci di interagire con altri della nostra specie, di entrare in relazione. Possiamo guardare l’altro e dirgli chi siamo e cosa pensiamo di lui. Di conseguenza guardare negli occhi di un fratello può essere all’origine di un giudizio, di facili accuse, o di una ipocrisia personale. Quando Gesù descrive le condizioni dello zelo, cita una parabola in cui dice: “Ora perché guardi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre la trave quella del tuo proprio occhio non consideri?” (Lc 6,41). La salvezza si tramuta in condanna altrui da parte mia e quindi in condanna di me, che proprio perché condanno risulto senza misericordia.

L’uomo può sentire, toccare, gustare, e può con questi sensi soddisfare alcuni desideri, ma in alcuni campi è solo il vedere che lo appaga. La curiosità è uno di questi; infatti la curiosità cerca e può essere soddisfatta dal vedere. Luca nel suo vangelo vuole portarci a vedere il volto di Gesù. “Beati quegli occhi che vedono ciò che voi vedete!” (Lc10,23). Anche il re Erode cercava di vederlo (Lc 9,9), ma con la curiosità di chi vuol avere in mano la cosa, senza di desiderio profondo di indagare per una conversione del cuore. Sempre l’evangelista Luca, ci racconta della curiosità di Zaccheo, questo capo dei pubblicani considerato dalla folla un peccatore da non accogliere.

Zaccheo invece ha ormai l’occhio del cieco guarito e vuol vedere il Nazareno: “E cercava di vedere Gesù chi é. E non poteva per la folla perché era piccolo di statura” (Lc 19,3). La curiosità di Zaccheo è quella di vedere il volto di Gesù, non solo di individuarlo tra gli altri, ma soprattutto vederne l’identità: Gesù chi è veramente? Lo scoprirà quando vedrà come lui lo guarda. Il pellegrino è quell’unico buono di fronte al quale sia il notabile ricco sia i discepoli sono ancora ciechi. L’occhio sano gode della luce. E’ fatto per essa. Così ora Zaccheo gode di ciò per cui è fatto il suo cuore.

Le folle che si consideravano pure, guardano in modo difettoso, perché vedono in Zaccheo solo un peccatore, vedono il male anche dove non c’è, criticano e condannano anche Gesù perché va ad alloggiare da colui che era considerato impuro. Gli occhi limpidi di Gesù incrociano quelli di Zaccheo. Gesù alza lo sguardo verso di lui, a posizioni invertite: colui che è peccatore guarda dall’alto in basso perché per vedere il Messia era salito su un sicomoro. Colui che porta salvezza, che si fa servo, guarda sempre dal basso in alto, perché chi ama non atteggia mai da giudice. Egli si umilia “facendosi obbediente fino alla croce”.

Cerchiamo ancora oggi di vedere Gesù, perché possa dirci “oggi devo fermarmi a casa tua”. Nelle nostre famiglie spesso stanche e divise, abbiamo accolto tutto con il rischio di escludere Colui che vuole far festa con il nostro cuore.

d. Andrea

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