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ALIMENTO

Pubblicato in Riflessioni

 XVI^ domenica T.O. – anno B – 2021

Siamo sempre più attenti alla nostra alimentazione. Vuoi perché è aumentata l’informazione, vuoi per motivi di salute o di immagine, siamo diventati la generazione delle diete e degli integratori. Non manca però e non mancherà mai, l’eccezione di chi oltrepassa la soglia e il muro di cinta di buone e sane abitudini, perché siamo sempre alla ricerca di qualcosa che manca. Cerchiamo emozioni, ma soprattutto emozioni forti perché queste, hanno un’intensità per segnare la nostra vita, il tempo e la storia. Non ci accumuna la cultura o l’informazione, ma le emozioni, perché sono un’alimento universale.

 Lo abbiamo visto in questi giorni. La nostra Italia sportiva, quella del calcio, del tennis, ha entusiasmato e portato tutti alla grande mensa. Credenti e non credenti siamo stati attirati da cibi rari e mai scontati. E’ inutile negarlo: le emozioni sono un alimento. Ci attirano, le sogniamo, le coltiviamo con l’acquolina in bocca sperando di digerire la sequenza degli eventi che possiamo solo sperare, e a volte assaggiare. E’ curioso: da una parte la situazione pandemica ci suggerisce e pretende poco cibo e qualche integratore relazionale, dall’altra parte, un’abbondanza di folla che sembra autorizzata ad un buffet senza limiti dove tutti sembrano finalmente amici e fratelli. Il menù a prezzo fisso non soddisfa mai l’animo umano e neppure lo stomaco.

 “Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola,
abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l'inimicizia, per mezzo della sua carne
Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l'inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani,
e pace a coloro che erano vicini” (Ef 2,13-17).

Come cristiano sogno e vedo il giorno in cui con la stessa intensità per cui si esulta per una vittoria sportiva, si gioisca per la Verità, per la carità. La verità è Cristo che è venuto ad abbattere ogni barriera di separazione, che ci impediva di gioire. E’ sua la vittoria sul peccato, sui pregiudizi, sulla menzogna e la morte. Una grande banchetto di cibi ed emozioni forti, che non permetterà di trattenere le lacrime di gioia per questo incontro e per questa vittoria spirituale. Sarà vera pace e armonia tutti uniti dallo stesso amore, accolto e condiviso oltre le fragilità e le miserie umane. Un risveglio che diventa comunione d’intenti, passione non superficiale ma disponibilità al sacrificio e alla fatica, perché tutto sia secondo la volontà di colui che ci salva con il grande alimento: la misericordia. E’ Cristo che para i rigori del nostro avversario - satana - che ci crede già sconfitti.

 “Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito. Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d'angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito” (Ef 2,18-22).

 Si piange per un traguardo raggiunto, come per una coppa alzata al cielo, lasciando a digiuno e nella tristezza chi l’ha solo annusata. Si può diventare nemici dopo una sconfitta, alimentandosi di emozioni che dividono e allontanano. Gesù umiliato e deriso non vince con la logica del mondo, ed esce sconfitto nella sua finale. Guardando a Cristo, amandolo, accogliendo la sua voce interiore che tocca nel profondo, ci viene data sempre l’opportunità di ripartire con amore e fiducia, nonostante tutto. E’ la Pasqua della vita che sempre si ripropone ogni giorno.

 “Ci abbiamo creduto sempre … c’era qualcosa nell’aria”: non sono solo le parole di un buon allenatore, ma dovrebbero essere anche quelle del pastore, del genitore che si commuove e piange per quelle anime che si credono sconfitte, e che disidratate e stanche, si lasciano privare della speranza.

 “Ci siamo divertiti e alla logica del singolo ha prevalso quella del gruppo, superando le inevitabili differenze di ciascuno, perché uno era il nostro desiderio: sognare un’impresa!”. Se lo diciamo per il calcio cosa dovrebbero dire le comunità cristiane e la chiesa, che hanno ricevuto l’annuncio dell’amore di Cristo sul mondo? Perché abbiamo poca fede nel nostro redentore? Perché ci lasciamo confondere da quelle voci che ci vogliono sempre uno contro l’altro?

Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po'»” (Mc 6,30-31).

 Gesù ci chiama in disparte, come un buon allenatore, che prima di preoccuparsi del gioco sa bene che la differenza la fa lo “spogliatoio”. L’uomo che sa vedere oltre le divisioni, il rancore, le ambizioni personali, la vendetta, l’amarezza, i limiti, edifica nello Spirito e crea un solo spirito, quello del gruppo, quello dei credenti, quello della gioia che può osare in ogni tempo imprese che tutti deridono e in molti hanno dimenticato.

 Facciamoci custodi del tesoro che Cristo ci ha consegnato. In questi giorni dove le leggi fanno discutere, dove le leggi creano contrapposizioni e preannunciano un declino della volontà di Dio, quasi come se rifiutare Cristo e la sua parola, fosse una conquista e una vittoria sui diritti. Dobbiamo decidere se seguire le emozioni forti delle seduzioni o quelle di chi vuole rimanere fedele alla Verità. A ciascuno il suo alimento e le conseguenze della scelta.

 d. Andrea

 

 

 

SORTE

Pubblicato in Riflessioni

CORPUS DOMINI – ANNO B 202

 

Ogni istante si rischia il tutto per tutto. Non abbiamo il controllo di nulla, anche se certamente paura e prudenza, consapevolezza e percezione, possono aiutare nelle scelte e nel ridurre i rischi. Non passa giorno dove il mondo consegni informazioni sulla sorte di molte persone: incidenti mortali, malattie, violenze, guerre, licenziamenti, stragi, ecc.

Non sappiamo sempre il perché di certi eventi, e spesso ci troviamo disarmati e basiti di fronte a questi drammi. Sembra una roulette giornaliera dove qualcuno vince e qualcuno perde, a volte anche la vita. Che ci sia qualcuno che tira a sorte?

La sorte ci attira e qualcuno ne fa addirittura una dipendenza, un vizio, una mania, un cibo. Proprio per l’incertezza del futuro e per la fatica di accettare il presente, il mondo propone qualcosa su cui puntare, credere e investire speranza: il gioco! E’ il gioco che si trasforma in lotterie, schedine, gratta e vinci, concorsi a premi in denaro, le “ludopatie”, cioè quando il gioco ci rende anoressici o bulimici, consegnandoci uno stato di eccitazione desiderato, con tutte le disfunzioni e gli effetti collaterali della scelta, per alleviare l’angoscia interiore.

All’apparenza il gioco d’azzardo e la ricerca della buona sorte, sembra solo il desiderio di un po’ di fortuna a basso costo, ma nel tempo può creare dipendenza, impotenza, colpa, ansia, depressione, disturbi psicologici, lasciarci poveri e senza cibo.

Nel profondo dell’anima si nasconde il rifiuto di accogliere la fatica del cammino e la responsabilità che la vita ci consegna ogni girono. C’è il rifiuto o una grande inconsapevolezza di come cercare risposte di senso alle inevitabili angosce della vita e ai suoi digiuni. A livello spirituale, senza Dio e un cammino di fede tutto sembra legato al caso.

Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all'udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno” (Mc 14,10-11).

Questo tempo di isolamento sta poi ampliando il gioco in “rete” per la facilità di accesso; si compie e si sceglie la propria sorte lontano dagli sguardi giudicanti, chiusi nella solitudine della propria prospettiva. Restiamo adolescenti negli atteggiamenti e nelle soluzioni, nella ricerca di guadagni facili. Se poi si vince, la buona sorte sembra “baciarti”, un bacio che può chiederti di tradire l’anima, il prossimo e i beni eterni.

Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: «Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?». Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua” (Mc 14,12-16).

In quella stanza, Gesù ha compiuto il “gioco” della sua vita e quella nostra. Non ha fatto un azzardo ma una scelta precisa. Ha chiesto ai suoi amici di seguire un uomo con una brocca d’acqua, simbolo di un cambiamento profondo: il battesimo. Un sì che è un affidare la vita, non alla sorte ma, a Dio che ci ha scelto e che ci ama. Quelle brocca d’acqua ricorda l’amore di un incontro tra la Samaritana al pozzo e Gesù. Una donna che aveva gettato il suo cuore negli “slot” degli idoli del mondo, dei falsi amori, per mendicare affetto e ricchezze vane. Ora, prima dell’ultima cena, questa brocca è piena di salvezza e di verità ritrovata, e viene indicata per salvare.

Gesù sceglie la Pasqua come passaggio dalle dipendenze del mondo a quel memoriale che sta consegnando - Corpus Domini - per coloro che crederanno in Lui. Una cena che cambia la storia e che strappa ogni uomo dalla paura di fallire, dalla sorte, per consegnarci un percorso di fede, di amore vero contro la solitudine e la fame.

E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio»” (Mc 14,22-25).

Gesù supera la sua angoscia con un gesto di comunione. Ci libera dall’isolamento, dai suoi inganni e dalle sue dipendenze. Gesù ha a cuore la sorte e la vita di ogni uomo. La sofferenza e la prova viene affrontata con un sapersi donare, per rinnovare l’alleanza con il Padre.

Gesù esce sconfitto dal mondo, ma vincitore in cielo, povero ma ricco di anime che ancora oggi lo scelgono come tesoro prezioso per curare ogni sofferenza e realizzare in pienezza i desideri più profondi. Nella gratitudine si affida al Padre e a lui tutto affida.

Per amore si può rischiare il tutto per tutto. Non c’è il caso ma un progetto di redenzione, che lontano dalla fede, dalla preghiera, dall’eucarestia, difficilmente si può scorgere e accogliere.

d. Andrea

 

AVVOCATO

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PENTECOSTE – Anno B – 2021

“Mi sono rivolto al mio avvocato”. “Mi è stato consigliato di affidarmi ad un avvocato”. “Mi è arrivata la lettera dell’avvocato”. “Secondo l’avvocato si può procedere …”. Potremo continuare con molte altre affermazioni simili. Personalmente non ne ho mai avuto bisogno, per ora! Ho amici e validi collaboratori che esercitano la professione di avvocato, li ascolto sempre volentieri nella complessità delle loro casistiche nel tentativo di amministrare la giustizia.